Con una recente sentenza in materia di assicurazione (n.19210 del 2015) la Corte di Cassazione ha rivisto un precedente consolidato orientamento in materia di assicurazioni sulla vita con beneficiario un soggetto terzo. Si tratta di un tipo di contratto concluso molto frequentemente nella pratica in quanto coniuga esigenze di risparmio e gestione del capitale investito con quelle di destinazione dello stesso e dei suoi frutti agli eredi del sottoscrittore.

Di fatto l’assicurato conclude un contratto con l’assicuratore corrispondendogli in una o più soluzioni somme di denaro che vengono investite in strumenti finanziari; questo capitale produce frutti a favore del contraente e alla sua morte viene devoluto ai suoi eredi, legittimi o testamentari che siano.

Il ricorso frequente a questa forma di investimento dipende dalla sua duttilità nella gestione delle somme e degli strumenti finanziari in quanto il contraente può:

  • a) nel corso del contratto modificare le scelte di investimento in linea con il mercato e con le proprie esigenze;
  • b) individuare agevolmente i beneficiari terzi (scelti inizialmente nel contratto di assicurazione), che non devono accettare la designazione a loro favore – potendo persino esserne inconsapevoli – e procedere in una fase successiva alla eventuale modifica degli stessi beneficiari mediante dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore o anche per testamento.

Inoltre i giudici in più occasioni hanno ribadito, analogamente a quanto stabilito dall’articolo 1920, ultimo comma del codice civile, che disciplina questo contratto, che il beneficiario acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione; di conseguenza il suo diritto non dipende dalla successione del sottoscrittore, anche se la morte di questi ne rende efficace l’acquisto. L’effetto più importante è che quanto spetta al terzo non fa parte della successione dell’assicurato e non è quindi sottoposto all’imposta di successione e alla relativa tassazione.

L’orientamento precedente alla sentenza indicata stabiliva che l’individuazione dei beneficiari effettuata attraverso il generico riferimento agli eredi legittimi (che costituisce peraltro l’ipotesi di default di questi contratti in assenza di specifica scelta) valesse solo ad indicare le persone che avevano diritto al capitale senza però avere riguardo alla misura del loro diritto e quindi alla ripartizione dello stesso. In altri termi questi soggetti, così genericamente individuati, venivano così posti in una situazione di parità tra di loro.

Con questo pronunciamento i giudici invece, mutando in maniera espressa i propri precedenti, stabiliscono che il riferimento agli eredi legittimi va inteso non solo come individuazione, per così dire nominativa, dei soggetti beneficiari, ma che esso rappresenta anche la misura della loro concreta partecipazione al capitale assicurato. In questo modo il riferimento alla posizione di erede diviene il parametro che misura anche la partecipazione del beneficiario al capitale assicurato.

Il principio diventa particolarmente importante nel caso in cui uno dei beneficiari designati non possa (per premorienza) o non voglia (per rinuncia) accettare l’erdità, devolvendosi questa secondo il meccanismo della rappresentazione ai suoi discendenti in linea retta (art. 467 e ss. cod.civ) . Secondo la regola sancita dalla Corte di Cassazione tutti i discendenti di questi subentrano perciò in un’unica quota che viene così ad essere frazionata tra tutti i soggetti subentranti. Per esemplificare, qualora Tizio, dopo aver stipulato un contratto di assicurazione sulla vita che attribuisce a beneficiari terzi eredi legittimi una somma pari ad euro 300.000 muoia senza avere fatto testamento lasciando i figli Primo e Secondo e quest’ultimo rinunzi all’eredità a favore dei propri figli Terzo e Quarto la misura della partecipazioné di questi ultimi non sarà di 100.000 (300.000 diviso 3), cioè uguale a quella di Primo, bensì solamente di euro 75.000 in quanto la somma assicurata non andrà divisa per il numero dei soggetti ma secondo la misura di partecipazione alla successione data dalle norme sulla successione legittima. In questo modo a Primo competeranno euro 150.000, pari alla metà del controvalore e la rimanente parte andrà invece divisa in parti uguali tra Terzo e Quarto.