La rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare a seguito della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 23093/2025

Con la sentenza n. 23093 del 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno finalmente sciolto uno dei nodi interpretativi più dibattuti in materia di diritti reali, sancendo la possibilità per il proprietario di un bene immobile di rinunciarvi unilateralmente, senza contestuale trasferimento a terzi soggetti.

Secondo tale pronuncia, la rinuncia al diritto di proprietà su un bene è lecita, valida ed efficace, e produce effetti estintivi del diritto e devolutivi dell’immobile in favore dello Stato a titolo originario ai sensi e per gli effetti dell’art. 827 c.c. (il quale stabilisce che “i beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato”).

Il punto centrale della decisione è il riconoscimento, in capo al titolare del diritto di proprietà, anche del potere negativo di dismettere volontariamente e unilateralmente la propria posizione giuridica, senza necessità di alcuna accettazione da parte di altro soggetto beneficiario.

Si tratta di una novità di rilievo per la prassi immobiliare, in quanto con tale sentenza si supera l’idea che la proprietà immobiliare sia un vincolo perpetuo e ineludibile, permettendo la dismissione di beni privi di utilità economica.

Nel nostro ordinamento, la possibilità della rinunzia abdicativa è stata formalmente recepita solo per i beni mobili (art. 923 c.c.), mentre per i beni immobili non esite una normativa espressa al riguardo.

Questa pronuncia supera l’impostazione tradizionale la quale, proprio in mancanza di una norma che lo consenta espressamente, attesta che la proprietà immobiliare può essere alienata solo attraverso un trasferimento a favore di altro soggetto che accetta il trasferimento medesimo, mediante contratto con effetti traslativi.

Tale interpretazione restrittiva è stata recepita anche da una parte della giurisprudenza. Si ricorda in particolare la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1606/2021, con cui il giudice amministrativo aveva affermato che “non è consentito al privato dismettere la proprietà di un bene immobile attraverso un atto unilaterale abdicativo, poiché ciò comporterebbe un trasferimento coatto in capo alla pubblica amministrazione, senza il suo consenso e in violazione del principio di legalità patrimoniale.” Secondo il Consiglio di Stato, il passaggio del bene allo Stato, in assenza di accettazione, avrebbe creato un indebito aggravio per l’ente pubblico, in contrasto con i principi di efficienza, economicità e buon andamento dell’amministrazione.

Nella prassi notarile già da tempo ci si confrontava con situazioni di proprietari desiderosi di liberarsi di immobili privi di valore economico, gravati da oneri fiscali, manutentivi o ambientali e con le amministrazioni comunali restie ad accettare trasferimenti a titolo gratuito. Si pensi, ad esempio, a fabbricati pericolanti, ruderi inagibili, terreni inquinati o fondi agricoli improduttivi.

La sentenza del Consiglio di Stato aveva quindi limitato la possibilità di ricorrere ad atti di rinuncia solo ove ci si trovasse in situazioni di comproprietà, con l’effetto che la rinuncia di uno dei comproprietari si limitasse ad espandere le quote degli altri contitolari, come previsto dall’art. 1104 c.c.

La sentenza in commento supera definitivamente questo limite interpretativo, affermando che l’art. 832 c.c., secondo il quale il proprietario ha diritto di godere e disporre dei propri beni in modo pieno ed esclusivo, implica anche il potere di rinunciare al proprio diritto di proprietà sul bene immobile, così come previsto per altri diritti reali (si pensi alla rinuncia all’usufrutto, all’uso o alla servitù) anche in mancanza di un soggetto beneficiario.

L’atto di rinuncia è, quindi, un atto unilaterale dispositivo, non recettizio, idoneo a determinare l’estinzione del diritto di proprietà e la conseguente acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, che necessita della forma scritta (avendo ad oggetto beni immobili) e dell’atto notarile ai fini della trascrizione nei registri immobiliari. Il bene, una volta rinunciato, entra a far parte del patrimonio disponibile dello Stato ex art. 827 c.c., in quanto oggetto di devoluzione automatica. La trascrizione ha efficacia costitutiva verso i terzi, e rappresenta un passaggio essenziale per rendere opponibile ai terzi la rinuncia e per documentare il passaggio del bene dallo status di “proprietà privata” a quello di “bene patrimoniale disponibile dello Stato”.

Non è da escludere che, a seguito della sentenza delle Sezioni Unite, il legislatore intervenga per introdurre una disciplina organica della rinuncia alla proprietà immobiliare, con particolari cautele per i beni gravati da gravami pregiudizievoli, oneri pubblicistici o difformità edilizie e catastali.